L'istante consistente

di Rodolfo Balzarotti Milano - Spazio Lumera 6 / 12 Dicembre 2011

Catalogo con testi scelti da racconti di Marina Corradi.

Raffaella Surian pratica un'arte antica e nobile – l'incisione – con una inquietudine tutta moderna. Essa ben conosce e pratica i procedimenti tradizionali – acquaforte, acquatinta, zucchero o cera molle – ma con una ineluttabile spinta a varcarne i limiti. Le dimensioni stesse delle sue opere risultano esorbitanti rispetto alle classiche "carte". E la carta stessa, questo supporto un po' astratto, un poco "tipografico" e concettuale, viceversa, emerge nella sua attualità di materia. Di materia-colore e materia-segno. Ecco che, dunque, essa assume spessore: corrugamenti e sporgenze o, viceversa, infossamenti. E non basta. Il colore ha una presenza importante, che ci avvicina alla pittura tout court, definendo quinte e piani di profondità, confini - come è scritto in molti titoli. Ma la profondità non resta solo virtuale: anch'essa diventa attuale annettendosi lo spazio tridimensionale. Le opere assumono uno spessore reale, rendendo necessario il ricorso un singolare espediente, quello di racchiuderle entro teche trasparenti. Le carte diventano allora "volume", dove la custodia aggiunge un'ulteriore dimensione – forse una quarta dimensione, temporale stavolta, ricettacolo memoriale, trasparente e inaccessibile insieme.

Questo audace sperimentalismo, questo esorbitare dell'opera dai suoi confini per assumere una dimensione compiutamente spaziale, questo esibire il supporto come elemento vivo dell'opera, ci fanno addirittura pensare, mutatisi mutandis, ai celebri "teatrini" di Lucio Fontana.

Le icone – così ci viene da chiamarle – di Raffaella Surian, pertanto, hanno una qualità molto particolare: una sorte di astrazione lirica, sempre sul limite – sul confine, appunto – di una evocazione paesaggistica, di un inscape, di un paesaggio interiore. Il biancore della carta insiste sempre, pur nella ricchezza cromatica di questo opere, suscitando tonalità talvolta algide e lunari, anche laddove esplodono i gialli e gli arancioni. Davvero si tratta di "istanti consistenti", cioè in-stanti e con-sistenti come quel disco che sempre compare replicato e disseminato come una domanda insistita. Sono lavori di "alta quota" – per riprendere un altro titolo sintomatico – ai quali ci dobbiamo assuefare poco per volta per scoprire che siamo a casa nostra. E così ripetere le belle parole di Marina Corradi: "Li troviamo bellissimi. Come a noi corrispondenti. Come ci ricordassero un qualcosa che sapevamo. Un tempo, e che abbiamo scordato."

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